Presentiamo alle nostre lettrici e ai nostri lettori una nuova rubrica dal titolo "RACCONTI DA UN'ESPOSIZIONE", curata dalla nuova editor di Studio Limoni, Augusta de Cesari. In questa nuova serie vi presentiamo dei racconti brevi, scritti prendendo ispirazione da alcune delle opere d'arte più famose e note, andando al di là del concetto di storia dell'arte per costruire un'arte di storie.

Gustav Klimt, Der Kuss, 1907-1908, olio su tela, Österreichische Galerie Belvedere, Vienna
C’era una volta, in un regno lontano lontano, al di là dell’orizzonte, una bellissima principessa, figlia di un re potente e magico, che trasformava in oro tutto ciò che toccava. La fanciulla si chiamava Auria, dagli occhi del cielo e dai capelli di grano.
Nel cuore di quel regno tutto era d’oro grazie ai poteri del suo papà: le torri del castello, i fiori, persino la luce del giorno. Tutto brillava, tutto era perfetto, tutto immobile. I sudditi parlavano a bassa voce per non turbare l’ordine, gli uccelli non volavano, non cinguettavano nemmeno, e perfino il vento sembrava avere dimenticato come si muove l’aria.
Auria era bella come il sole riflesso su uno specchio d'acqua, ma il suo cuore era prigioniero di quella perfezione dorata. Nulla cambiava, nulla cresceva. Passava le sue giornate nella noia perfetta dell’oro magico, con le guance perennemente annoiate sulle sue delicate mani da futura regina, senza calli e senza rughe.
La meravigliosa principessa cercava di smuovere le sue giornate dando ordini impossibili ai suoi servitori e alle sue ancelle: un giorno voleva un abito cucito con le nuvole del cielo da indossare al ballo in onore del compleanno di suo padre. Un altro giorno voleva organizzare una spedizione per raggiungere la luna a cavallo. Chiunque falliva nell’esaudire i desideri di Auria veniva messo alla gogna pubblica e preso in giro da tutti gli altri, per far accennare un minimo sorriso alla principessina, più bieco che sincero.
Ma bel giorno, tutto iniziò a cambiare.
Una mattina, al risveglio, trovò sul davanzale della sua finestra un fiore: un giglio bianco, delicato come la sua pelle. E dalla mattina dopo, c’era a darle il buongiorno un fiore diverso: una viola, un papavero, una rosa blu, nessuno d'oro, nessuno che appartenesse al suo mondo. I fiori erano vivi, avevano un odore strano che non aveva mai sentito prima: all’inizio ne rimase disgustata, ma si abituò a quello strano profumo di terra e libertà. Nessuno sapeva da dove venissero, nemmeno la sua vecchia governante che aveva più di cent’anni e sapeva sempre tutto.
Una notte, spinta dalla curiosità Auria attese sveglia. Quando le ombre si fecero più profonde, vide una figura sfiorare i corridoi: non aveva volto, non lasciava suoni, ma ovunque camminava, fiorivano colori. Seguì il fantasma in silenzio, finché lui attraversò un passaggio segreto nel muro del giardino d’oro. Dall’altra parte c’era un mondo che non conosceva: il bosco era scuro e vivo, l’aria profumava di resina, la luna sembrava respirare.
Lì, la figura prese la forma di un giovane uomo, all’apparenza coetaneo di Auria, ma forse era più antico del mondo stesso. Era vestito di stracci al confronto delle sete preziose della principessa. Non era bello secondo le leggi del suo regno, ma i suoi occhi avevano la profondità della notte, le mani la delicatezza di chi sa coltivare il mondo, la pelle era scura come quella di chi ha passato tutte le giornate della sua vita sotto il sole caldo.
“Chi sei tu? Sei uno dei servitori di mio padre?” chiese Auria, ma l’uomo non rispose.
“Perché vieni ogni notte?” chiese ancora la principessa, ma questa volta ricevette risposta.
“Per ricordarti che la bellezza vera non è fatta per durare eterna, ma per trasformarsi. Come i fiori, come te.”
“Dammi tutti i tuoi fiori, schiavo.”
“No, Auria, perché il tuo cuore è accerchiato da ombre cattive. Se toccherai questi fiori e varcherai la soglia per tornare nel tuo mondo, si trasformeranno in cenere e sabbia. Dovrai imparare ad amare, dovrai imparare a donare invece di ordinare, ricevere e pretendere che tutto ti sia dovuto. Questi fiori crescono lentamente e se vorrai, ti insegnerò a portare pazienza e a prenderti cura di queste creaturine delicate.”
Da allora, la principessa d’oro non tornò mai più al palazzo. La leggenda dice che il giardino segreto fiorì per sempre, nutrito dall’amore che Auria imparò a donare. E chiunque vi entri, sente il profumo di ciò che è libero, vivo e meravigliosamente imperfetto.
Augusta De Cesari
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