“Pain of Pleasure” è una mostra che chiede di attraversare, più che di interpretare. Nel confronto con le opere di Christa Joo Hyun D’Angelo, Mads Hyldgaard Nielsen e Sally von Rosen, emerge una riflessione personale sul modo in cui piacere e dolore si intrecciano fino a diventare inseparabili. D’Angelo trasforma l’amore in una grammatica affettiva segnata dalla ferita; Nielsen rende la pittura un campo di tensioni luminose; von Rosen scolpisce corpi in metamorfosi che sfidano l’integrità e la stabilità della materia. In un’epoca di anestesia emotiva, la mostra — e l’esperienza che ne scaturisce — restituisce al sentire la sua densità: un luogo fragile, rischioso, ma vivo, dove il piacere non consola e il dolore non punisce, e dove la sensibilità torna ad essere un atto di resistenza.
Installation view Christa Joo Hyun D’Angelo, Mads Hyldgaard Nielsen, Sally von Rosen, Pain of Pleasure, a cura di Domenico de Chirico, Tempesta Gallery. Ph. Sara Indriolo
Immergersi nello spazio di Pain of Pleasure è come lasciarsi andare completamente al disorientarsi senza saper più distinguere la linea di confine tra ciò che dilania l’animo e ciò che invece lo appaga. Mentre sfoglio il comunicato stampa prima ancora di vedere le opere, trovo una frase che mi rimane addosso: la mostra invita a “sostare nella co-appartenenza tra dolore e piacere”. Non la prendo come una dichiarazione teorica, ma quasi come un avvertimento personale: non aspettarti protezione. E infatti, avvicinandomi ai lavori di Christa Joo Hyun D’Angelo, sento che qualcosa nel mio modo di pensare all’amore si incrina. Nel testo si parla della violenza come “grammatica affettiva” e mentre guardo The Death Drive – A Love Story mi accorgo che questa espressione, così precisa e crudele, descrive perfettamente quel nodo sottile in cui molti di noi, senza confessarlo, hanno imparato a sentire. Ripenso alle storie che il testo critico evoca — i Dardenne, Asia Argento, i fratelli Menendez — e non mi sembrano più riferimenti cinematografici, ma voci che risuonano come memorie collettive, traumi che non abbiamo vissuto direttamente ma che, in qualche modo, ci appartengono comunque.
Installation view Christa Joo Hyun D’Angelo, Mads Hyldgaard Nielsen, Sally von Rosen, Pain of Pleasure, a cura di Domenico de Chirico, Tempesta Gallery. Ph. Sara Indriolo
Poi c’è quel neon, PLAY WITH ME. Nel testo viene descritto come un “mantra perverso” che confonde seduzione e sottomissione: mentre lo leggo lo sento quasi rivolto a me, come un messaggio che conosco troppo bene.
Quando passo alle pitture di Mads Hyldgaard Nielsen, tutto si sposta. Il mio corpo reagisce prima degli occhi: c’è un’intensità fisica, una vibrazione. Nel comunicato si dice che le sue tele incarnano il “confine tra estasi e dolore” e capisco esattamente cosa significa. VI MVMNT Finale è come un punto di tensione continua, un’immagine che non si risolve. Nel testo critico si parla della figura come di un “grido silenzioso”, di una materia che non vuole pacificarsi: quando lo leggo mi sembra di riconoscere quella stessa tensione nei miei pensieri più intimi, quelli che raramente hanno una forma chiara, ma insistono, vibrano, chiedono spazio.
Arrivo alle sculture di Sally von Rosen come se stessi entrando in un’altra dimensione. Il testo parla della “materia vibrante” di Jane Bennett , ma più che un concetto filosofico, quello che noto è il modo in cui questi corpi — frammentati, alieni, eppure familiari — sembrano respirare. Le opere mi fanno pensare a quello che resta di noi quando non ci riconosciamo più interi. E la menzione al corps morcelé lacaniano e alle genealogie femministe degli anni Settanta la sento quasi come un promemoria di quanto spesso siamo costrette a ricostruirci pezzo dopo pezzo, trasformando la fragilità in gesto politico. A questo punto, mentre avanzo, mi accorgo che ciò che più mi tocca non è il contrasto tra dolore e piacere, ma la loro impossibilità di separarsi.
Installation view Christa Joo Hyun D’Angelo, Mads Hyldgaard Nielsen, Sally von Rosen, Pain of Pleasure, a cura di Domenico de Chirico, Tempesta Gallery. Ph. Sara Indriolo
Nel testo critico, si parla di una società segnata da “anestesia affettiva” e “virtualizzazione dei corpi”: lo leggo e mi sembra la diagnosi perfetta di un mondo che ci invita continuamente a sentire meno per funzionare di più. In mostra invece accade l’opposto: qui tutto chiede presenza, esposizione, rischio. Non c’è alcuna catarsi, come ricorda anche il comunicato, solo un invito a rimanere nella zona in cui la pelle brucia e la materia — quella delle opere, ma anche la nostra — comincia a vibrare.
Risuona allora quella frase di Jean-Luc Nancy, che appare quasi alla fine del testo: “l’essere è sempre essere-con”. La leggo e capisco che la mostra, più che parlare del piacere o del dolore, parla del loro modo di metterci in relazione: con gli altri, con noi stessi, con le nostre ferite più luminose. Pain of Pleasure non consola e non promette salvezza, ma riapre lo spazio — pericoloso e necessario — in cui si torna a sentire davvero.
S. F. C.
Christa Joo Hyun D’Angelo, Mads Hyldgaard Nielsen, Sally von Rosen
Pain of Pleasure
A cura di Domenico de Chirico
Tempesta Gallery, Foro Buonaparte, 68, Milano
28 novembre 2025 - 6 febbraio 2026
PHOTO GALLERY
Installation view Christa Joo Hyun D’Angelo, Mads Hyldgaard Nielsen, Sally von Rosen, Pain of Pleasure, a cura di Domenico de Chirico, Tempesta Gallery. Ph. Sara Indriolo
Installation view Christa Joo Hyun D’Angelo, Mads Hyldgaard Nielsen, Sally von Rosen, Pain of Pleasure, a cura di Domenico de Chirico, Tempesta Gallery. Ph. Sara Indriolo
Installation view Christa Joo Hyun D’Angelo, Mads Hyldgaard Nielsen, Sally von Rosen, Pain of Pleasure, a cura di Domenico de Chirico, Tempesta Gallery. Ph. Sara Indriolo
Installation view Christa Joo Hyun D’Angelo, Mads Hyldgaard Nielsen, Sally von Rosen, Pain of Pleasure, a cura di Domenico de Chirico, Tempesta Gallery. Ph. Sara Indriolo
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