La prima personale istituzionale italiana di Oliver Osborne alla Fondazione ICA Milano, “The Sleeping Guard”, invita lo spettatore a sperimentare una diversa qualità del tempo. Attraverso dipinti e disegni degli ultimi dieci anni, l’artista costruisce un linguaggio basato sulla ripetizione, sul ritorno e sulla trasformazione lenta dell’immagine. Rielaborazioni iconiche come il Cristo morto di Mantegna convivono con ritratti intimi e omaggi artistici, creando un percorso che esplora il rapporto tra memoria, percezione e quotidianità. In un’epoca segnata dalla velocità e dalla saturazione visiva del digitale, la pittura di Osborne diventa un gesto di resistenza e di presenza: un invito a rallentare, a vedere davvero, a lasciarsi sorprendere da ciò che può emergere solo nella durata.
Oliver Osborne, Untitled, 2021, Oil on linen, 28 x 26 x 3 cmOO.21.023
Visitare The Sleeping Guard alla Fondazione ICA Milano ha significato entrare in un tempo diverso, quasi rallentato. I quadri di Oliver Osborne non ti investono: ti attendono. E più ti avvicini, più ti accorgi che la loro forza non sta nell’immediatezza, ma nel modo in cui ti obbligano a restare. Non c’è nulla di ostentato e forse è proprio questo che sorprende: la capacità di far percepire la pittura come un territorio ancora fertile, ancora pronto a generare imprevisti.
Osborne lavora così, costruendo condizioni in cui qualcosa possa accadere senza che lui lo controlli completamente. Racconta che il suo metodo si regge sulla ripetizione, sul tornare agli stessi motivi per lasciar emergere ciò che non si conosce ancora. Dipingere, per lui, è un esercizio quotidiano, quasi un mestiere da artigiano che procede per piccoli aggiustamenti, per ritocchi minuti. A volte paragona persino il suo lavoro a quello di un dentista, impegnato a sistemare dettagli e imperfezioni: un’immagine che fa sorridere, ma che descrive in modo sorprendentemente preciso il ritmo calmo e tenace con cui porta avanti la sua pratica. È nelle decisioni improvvise, negli scarti repentini, che l’opera cambia direzione: nelle crepe aperte dal gesto che interrompe la routine.
Oliver Osborne, Mantegna's Dead Christ, 2022, Sunlight on paper, 58 x 79.5 cm / 62.5 x 82 x 2.5, with frame. OO.22.028
Camminando tra le sale, questa filosofia si avverte chiaramente. I colori sembrano misurarsi l’uno con l’altro: un giallo può brillare o spegnersi a seconda di ciò che gli sta accanto, come se ogni tonalità fosse una voce che esiste solo nel dialogo con il resto del quadro. Osborne insiste spesso su questa relazione: le immagini non esistono in sé, ma negli incontri che generano. E guardando i suoi dipinti si capisce cosa intende. La luce non è mai dove ci si aspetterebbe che fosse; appare e scompare, come una presenza capricciosa.
Uno dei momenti più intensi della mostra è il confronto con Mantegna’s Dead Christ (2022), una rilettura del celebre Cristo morto conservato a Brera. Qui la figura non è più ferma e solenne come nell’originale: affiora dalla superficie come un fantasma tardivo, una sagoma che la luce sfiora e cancella. Non è una citazione, ma una meditazione sulla memoria visiva, su come le immagini del passato continuino a emergere e a trasformarsi mentre le guardiamo. Vicino, il dipinto dedicato a Michel Majerus crea un ulteriore cortocircuito emotivo: un omaggio a un artista che aveva intuito, con impressionante lucidità, cosa potesse diventare la pittura nell’epoca digitale. Collocare Majerus accanto a Mantegna significa riconoscere una genealogia affettiva, più che storica, in cui Osborne si inserisce con pudore ma con decisione.
Oliver Osborne, Michel Majerus (from the Albrecht Fuchs photograph), 2022, Oil on linen, 48.4 x 38.4 x 3 cm / 63.4 x 53.4 x 6, with frame. OO.22.023
Altrove, i ritratti dei suoi figli portano la mostra su un terreno più intimo. La ripetizione dei volti, delle pose, delle espressioni non è un esercizio di stile, ma un tentativo di catturare il tempo mentre passa, di trattenerlo e insieme di accettarne lo scivolamento. In questo senso, la pittura diventa un gesto di resistenza contro l’istantaneità che domina il nostro presente digitale. Osborne stesso ammette che la simultaneità e il sovraccarico visivo del mondo online hanno creato una sorta di dislocazione, un senso di straniamento che riguarda anche chi dipinge. Inserire nella propria pratica figure così intime sembra un modo per restare ancorati, per non perdersi nel flusso continuo delle immagini.
Guardando i suoi quadri, si percepisce un’urgenza tranquilla: quella di ritagliarsi un tempo più umano. L’artista racconta spesso che, più passa il tempo, più il mondo gli sembra difficile da decifrare, e che dipingere è diventato il suo modo di stare a galla, di respirare. È una confessione che non si legge nelle didascalie ma nei gesti che abitano le tele, nelle zone di incertezza, nelle superfici cancellate e riscritte.
Oliver Osborne, o.T., 2024, Oil on herringbone linen, 110 x 70 x 3 cm / 123 x 83 x 6, with frame. OO.24.005
Il titolo The Sleeping Guard riprende una figura della Cappella Brancacci dipinta da Filippino Lippi: un soldato addormentato mentre qualcosa di straordinario accade poco lontano. È un’immagine che risuona con tutto il percorso della mostra. Anche lo spettatore, di fronte ai quadri di Osborne, ha la sensazione di risvegliarsi lentamente da un tipo di attenzione automatica — quella da schermo, da scorrimento rapido — per entrare in uno stato più vigile, più sensibile.
Quando esco dalla mostra, mi accorgo che la sensazione dominante non è tanto quella di aver visto qualcosa, ma di aver imparato a guardare un po’ diversamente. Osborne non offre risposte, non fornisce interpretazioni, non spiega. Ti invita, piuttosto, a rallentare e ad accettare che l’immagine possa avere un tempo più lungo del nostro, e che proprio in questo scarto tra noi e lei possa nascere qualcosa di nuovo.
Una piccola rivoluzione gentile, in un mondo che raramente ha la pazienza per lasciarsi sorprendere.
S. F. C.
Olive Osborne
The Sleeping Guard
A cura di Alberto Salvadori
Fondazione ICA, via Orobia, 26, Milano
26 Settembre 2025 – 8 Novembre 2025
PHOTO GALLERY
Oliver Osborne, Portrait of the Artist's Son III, 2023, Oil on herringbone linen, 65 x 55 x 3 cm / 72 x 62 x 6, with frame. OO.23.016
Oliver Osborne, The Sleeping Guard, 2025, Oil on herringbone linen, 75.5 x 45.5 x 3 cm / 88.5 x 58.5 x 6, with frame. OO.25.011
Oliver Osborne, o.T., 2024, Oil on herringbone linen, 110 x 70 x 3 cm / 123 x 83 x 6, with frame. OO.24.006
Oliver Osborne, Untitled, 2024, Oil on linen, 40 x 45 x 3 cm / 53 x 58 x 6, with frame. OO.24.015
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