CORPI, SIMBOLI E ATTESE: DIPINTI COME PREGHIERE

Pubblicato il 7 novembre 2025 alle ore 11:00

La personale Lewis Hammond “Black Milk”, curata da Chiara Nuzzi presso la Fondazione ICA Milano, propone una riflessione visiva e psicologica sulla condizione umana nell’era delle incertezze. Attraverso una serie di dipinti realizzati tra il 2024 e il 2025, Hammond indaga il rapporto tra fede — intesa non solo come credo religioso, ma come potenza trasformativa e collettiva — e la storia della pittura occidentale. L’artista utilizza corpi distorti, atmosfere visionarie, colori tenebrosi e riferimenti all’iconografia cristiana per costruire superfici di proiezione: spazi d’immaginazione in cui lo spettatore è implicato emotivamente e riflessivamente. Il titolo “Black Milk” sintetizza la contraddizione che percorre la mostra: un nutrimento che appare oscuro, ma carico di speranza; una paura del vuoto che al contempo suggerisce rinascita. In un tempo segnato da ansie, disuguaglianze e attese sospese, la mostra chiede: in cosa riponiamo speranza oggi?

 

Lewis Hammond, Bow Down, 2024. Courtesy Andrea Rossetti Archive

 

Nelle sale della Fondazione ICA Milano, Lewis Hammond costruisce un altare della contemporaneità. Con Black Milk, la sua prima personale in un’istituzione milanese, l’artista inglese (Regno Unito, 1987) trasforma la pittura in una forma di devozione laica, un esercizio di fede nel gesto, nel corpo e nella possibilità di redenzione dell’immagine.

A cura di Chiara Nuzzi, la mostra occupa la grande sala al piano terra, dove due pareti spezzano la linearità dello spazio e suggeriscono una dinamica emotiva più che architettonica. L’ambiente, avvolto da una luce controllata e cromie sospese, sembra respirare con le opere: tele dense, visionarie, dove corpi allungati e sfigurati emergono da un buio lattiginoso, in bilico tra estasi e dissoluzione.

 

Lewis Hammnd, Insomnis, 2024. Courtesy Andrea Rossetti Archive

 

Hammond si muove all’interno di una tradizione pittorica profondamente occidentale, ma la piega alle urgenze del presente. La sua pittura dialoga con la storia dell’iconografia cristiana — dall’Agnus Dei di Fulcrum (2024) al coniglio in Untitled (2025) — per restituirne un linguaggio fragile e terreno. Nei suoi personaggi solitari, sospesi in pose di preghiera o di resa, vibra una tensione spirituale che non appartiene più alla religione, ma alla sopravvivenza psicologica di chi osserva il mondo in frantumi.

 

Lewis Hammond, Something to Live for, 2024. Courtesy Andrea Rossetti Archive

 

La curatrice parla di “superfici di proiezione”, e in effetti le tele di Hammond funzionano come specchi opachi, capaci di restituire al visitatore la propria ombra interiore. Black Milk è un titolo che già contiene una contraddizione: l’oscurità e il nutrimento, l’angoscia e la speranza. È il latte nero che scorre nelle vene di un’epoca segnata da paura e disuguaglianze, ma anche il simbolo di una fiducia possibile, di una rinascita che si intravede nel gesto stesso del dipingere.

Tra fragilità e fede, corpo e simbolo, Hammond pone una domanda che attraversa l’intera mostra come un filo invisibile: in cosa riponiamo speranza oggi? La pittura, in Black Milk, diventa forse una risposta — o almeno il luogo in cui è ancora possibile cercarla.

 

S. F. C. 

 

Lewis Hammond

Black Milk

A cura di Chiara Nuzzi

Fondazione ICA, Via Orobia, 26, Milano

26 Settembre 2025 – 8 Novembre 2025

 

PHOTO GALLERY

 

Lewis Hammond, Fulcrum, Courtesy Andrea Rossetti Archive

 

Lewis Hammond, Litany, 2025. Courtesy Andrea Rossetti Archive

 

Lewis Hammond, Untitled (Europa full of holes), 2024. Courtesy Andrea Rossetti Archive

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