RICORDEREMO ANCORA DI DANZARE?

Pubblicato il 18 luglio 2023 alle ore 11:00

Il giorno 11 Luglio 2023 ha inaugurato la mostra “Dance me to the end of love” presso il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano. Nel trentennale della strage di via Palestro, l’istituzione del PAC affronta così lo stretto legame che intercorre tra i linguaggi espressivi dell’arte contemporanea e la preservazione della memoria storica.

 

Nel 1984 Leonard Cohen scrive Dance me to the end of love, all’apparenza una canzone d’amore come ingenuamente suggerisce il titolo. Tuttavia, il background che porta Cohen alla composizione del pezzo affonda le sue radici nell’Olocausto, come lui stesso dichiara in un’intervista nel 1995.

Quello che ha guidato lo spirito poetico del cantautore canadese riguarda il pensiero rivolto ai musicisti internati nei campi di concentramento, condannati a suonare per i propri compagni che camminano quel sentiero di non ritorno verso i forni crematori. Dietro le parole di Cohen, ci sono lo strazio e l’impotenza di uomini e donne che vedono la vita spegnersi innanzi ai propri occhi. Quelle note di musica saranno l’ultimo ricordo nella tragedia delle vittime dell’Olocausto.

Circa dieci anni più tardi, il 27 Luglio 1993, un’autobomba viene parcheggiata a ridosso del Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC, ndr) di Milano, in via Palestro. L’esplosione avviene verso sera, provocando la morte di cinque vittime: Alessandro Ferrari, agente di polizia che ha denunciato la posizione di un’auto sospetta; Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, vigili del fuoco che sono intervenuti per il disinnesco dell’ordigno; Driss Moussafir, immigrato marocchino ucciso da un pezzo di lamiera mentre è addormentato su una panchina.

Le indagini collegano l’attentato alla serie di bombe del biennio 1992-1993, ovvero le ritorsioni organizzate da Cosa Nostra contro lo Stato italiano che sta inasprendo la lotta antimafia. Delle vere e proprie persecuzioni lacerano tutta la penisola, aprendo ferite che si rimargineranno con acre dolore, ma saremo in grado di portarne il ricordo vivo nella memoria collettiva?

 

Yael Bartana, Malka Germania, 2021. Still da video
Courtesy l’artista e Capitain Petzel Gallery, Berlin, Annet Gelink Gallery, Amsterdam, Sommer Contemporary Art, Tel Aviv, Galleria Rafaella Cortese, Milan and Petzel Gallery, New York

 

Questo è il quesito che fa da cardine alla mostra inaugurata al PAC il giorno 11 Luglio 2023, Dance me to the end of love, citando il titolo dell’omonima canzone di Cohen. I concetti della memoria e del ricordo vengono affrontati dagli artisti esposti non tanto quanto delle idee metafisiche, disancorate dal mondo del reale tangibile, ma quanto un flusso che è carico di emozioni, esperienze, lacrime, malinconia, rassegnazione. È un filo che lega la collettività, invitandoci a uscire dal rifugio dell’individualità.

Ad accoglierci all’ingresso della mostra, troviamo la video installazione di Yael Bartana, Malka Germania, dall’ebraico regina germania. Il titolo stesso ha un forte richiamo spirituale all’escatologia ebraica, nel dettaglio quando nelle sacre scritture si parla della venuta del Messia, מלך משיח, in Aramaico malka meshiḥa. La narrazione visuale che Bartana allestisce è una sofferta mescolanza di richiami storici, allucinazioni, simboli tra l’onirico e mistico: una figura di donna, vestita di bianco, fa il suo ingresso nella scena e in una Berlino mai vista prima in groppa a un asino, così come la tradizione ebraica predica la venuta del Messia:

אֹֽסְרִ֤י לַגֶּ֨פֶן֙ עִיר֔וֹ (כתיב עירה) וְלַשּֽׂרֵקָ֖ה בְּנִ֣י אֲתֹנ֑וֹ

כִּבֵּ֤ס בַּיַּ֨יִן֙ לְבֻשׁ֔וֹ וּבְדַם־עֲנָבִ֖ים סוּתֽוֹ (כתיב סותה)

 (Egli lega il suo asinello alla vite, e il puledro della sua asina, alla vite migliore; lava la sua veste con il vino, e il suo manto con il sangue dell'uva da Genesi 49,11)

 

גִּילִ֨י מְאֹ֜ד בַּת־צִיּ֗וֹן הָרִ֙יעִי֙ בַּ֣ת יְרֽוּשָׁלִַ֔ם הִנֵּ֚ה מַלְכֵּךְ֙

יָ֣בוֹא לָ֔ךְ צַדִּ֥יק וְנוֹשָׁ֖ע ה֑וּא עָנִי֙ וְרֹכֵ֣ב עַל־חֲמ֔וֹר

וְעַל־עַ֖יִר בֶּן־אֲתֹנֽוֹת

(Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina. Da Zaccaria 9,9)

 

 

Douglas Gordon, k.364, 2011. Still da video
Courtesy l’artista e Gagosian
© Douglas Gordon, by SIAE 2023

 

L’impatto dell’opera video di Yael Bartana fa capire allo spettatore che sta entrando in uno spazio dove la fiamma del ricordo va tenuta viva, come il fuoco sacro di Vesta. Lo scontro con il volto da sfinge di Malka Germania che cerca di redimere il presente dai traumi della collettività, ci guida verso Douglas Gordon e k. 364.

Anche in questo caso abbiamo a che fare con una video installazione che ritrae i due violinisti polacchi, Avri Levitan e Roi Shiloach, mentre affrontano a ritroso il viaggio dei genitori scappati, durante il rastrellamento di Varsavia e l’occupazione della Polonia da parte del Reich nel 1939. Spesso la fuga è un viaggio a senso unico, da Varsavia a Berlino senza possibilità di ritorno e Levitan e Shiloach fanno esperienza della speranza di un ritorno a casa che, forse, non è mai avvenuto. La seconda parte del film di Gordon ritrae i due violinisti mentre eseguono la sinfonia di Mozart, siglata come K. 364, insieme all’Orchestra di Varsavia come tappa conclusiva del loro viaggio di esuli sulla via del ritorno.

 

Maurizio Cattelan, Untitled (Le lacrime del PAC), 1994
Courtesy Collezione Consolandi, Milano

Maurizio Cattelan, Souvenir di Milano (Progetto “Ninnananna”), 1994
Courtesy Collezione Consolandi, Milano

 

Maurizio Cattelan porta avanti un discorso di memoria, legato ai fatti della strage di via Palestro del 1993, esponendosi con un piccolo gesto, quasi impercepibile, ma di una grande forza e impatto, emozionale e storico. Gli oggetti ready made, che Cattelan espone in una piccola teca, a prima vista appaiono come oggetti di uso comune insignificanti, senza sapore. Tuttavia, man mano che si osserva, si percepisce il retrogusto amaro del messaggio veicolato.

Cattelan mette sotto teca, come per bloccare il deterioramento della memoria, una scatola da dove esce un bouquet di fazzoletti e twilly, tutti annodati assieme. Il dettaglio delle stoffe serve a richiamare il cordoglio delle famiglie e dei cari delle vittime che hanno perso la vita nell’attentato. Tuttavia, le lacrime versate sono anche della città di Milano, per questo i fazzoletti sono legati assieme, proprio per sottolineare l’unione e la vicinanza anche nel dolore. La genesi dell’opera è strettamente legata ai fatti del 1993, dato che l’artista compone la serie di opere Lullaby nel 1994, usando oggetti e utensili di uso comune come mezzi fondamentali per la ricostruzione della memoria.

I pezzi esposti al PAC nel 2023 fanno parte di quella serie, Lullaby, nata in seno alla tragedia. Il secondo ready made è una piccola macchina fotografica giocattolo, Souvenir di Milano, ma invece delle cartoline delle città, scorrono le immagini del PAC distrutto dall’esplosione dell’autobomba e dell’incendio conseguente. L'innocenza di un gioco che nasce per un pubblico di bambini diventa uno strumento di interfaccia con la tragicità della realtà e della sua commemorazione.

 

Maja Bajevic, Green, Green Grass of Home, 2002. Still da video
Courtesy l’artista e Galerie Peter Kilchmann, Zurigo/Parigi
© Maja Bajevic

 

A volte per ricordare basta un segno su un foglio bianco. Altre, invece, un gesto in un grande prato verde, come nel caso della video installazione Green, Green Grass of Home di Maja Bajevic. La ripresa video fa apparire Maja Bajevic come una piccola sagoma dispersa dell’immensità della distesa verde che le si apre tutt’attorno, si muove allargando le braccia e indicando punti che non esistono.

Bajevic descrive la casa dei suoi nonni che sorgeva in un punto che non esiste più, distrutta dai bombardamenti di Sarajevo. L’artista cammina in un prato svizzero, territorio storicamente noto per la sua neutralità politica: l’archivio nella mente sono l’unico luogo fisico rimasto dove poter riesaminare quelle immagini, quei ricordi, dove poter ripercorrere i passi di un tempo legato all’infanzia e alla purezza del tempo.

E ora, che non sono rimaste nemmeno le macerie, nemmeno la musica che accompagna, nemmeno l’amore, danzeremo ancora?

 

S. F. C.

 

Maja Bajevic, Yael Bartana, Chistian Boltanski, Maurizio Cattelan, 

Clemencia Echeverri, Miguel Gomes, Douglas Gordon, 

Ottonella Mocellin & Nicola Pellegrini, Giulio Squillacciotti

Dance me to the end of love

A cura del Comitato Scientifico del PAC

PAC - Padiglione d’Arte Contemporanea

Via Palestro 14, Milano

11 Luglio-10 Settembre 2023

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