IMMAGINI DAL SOTTOSUOLO: SIMONE BRAMBILLA

Pubblicato il 17 luglio 2023 alle ore 11:00

Presentiamo una rubrica indipendente con l'obiettivo di dare spazio a giovani artisti e artiste della scena contemporanea fuori dagli spazi della storicizzazione. Il riferimento al romanzo di Dostoevskij serve a riportare alla luce la coscienza dell'esistenza di un mondo underground, fatto di mormorii e percezioni che passano in sordina nel contesto mainstream della società e anche nel panorama artistico.

 

Oggi siamo insieme a Simone Brambilla, giovane studente di Scultura presso l'Accademia di Brera e da poco rientrato dall'esperienza Erasmus a Lione. Brambilla ci racconta degli alti e bassi dell'essere artisti in un contesto contemporaneo molto eterogeneo, ricco di spaccature e soprattutto ci parla di quanto sia importante sbagliare. Nella poetica di Simone Brambilla, l'errore non è sinonimo del fallimento, bensì è un mezzo pedagogico per una crescita interiore.

 

Ciao Simone, benvenuto! Nonostante tu faccia parte della popolazione studentesca di Brera, hai già un curriculum molto ricco come artista già avviato nel panorama dell’arte contemporanea, indipendentemente dall’Accademia.

Così sembra, così appare.

 

Come sei riuscito a raggiungere questo livello?

Sapendo parlare con i docenti, essendo appunto ancora studente. Ma soprattutto sapendo creare, in un certo senso, con una visione professionale; quello che io e le persone attorno a me abbiamo cercato è appunto passare dal livello di hobby alla ragion di vita. C’è questo fatto del voler entrare nel sistema dell’arte e nel sistema espositivo, per cui significa sape presentarsi e avere una buona dialettica soprattutto per colpire docenti che sono artisti. Io non vivo la mia arte come un passatempo, l’altro giorno parlavo con una studentessa che è insieme a me dal primo giorno e discutevamo su avere effettivamente una pratica che, per quanto non sia tecnicamente sudata, nasconda una lunga riflessione che poi si concretizza in una forma semplice ed efficace agli occhi di chi guarda, dai professori ai curatori. Certo è che si tratta di strategia

 

Per te è molto importante l’errore.

Assolutamente sì. Uno dei primi corsi che ho frequentato è stato quello di disegno tenuto dal professor Italo Chiodi, popolato da tanti studenti del primo anno che però si vede la differenza trai chi esegue il compito e chi cerca di decostruire le forme del reale, avendo un’idea complessa e condensarla in una struttura diversa, dopo averla portata in grembo. Qui è importante dell’errore come cartina tornasole, per capire l’efficacia di quella determinata realizzazione formale, se quella traduzione di immagini funziona. Il dialogo a partire dall’errore, con un gruppo come quello della classe, serve a raccogliere un ulteriore arricchimento per se stessi.

 

Simone Brambilla, Oceani, 2022

Gommapiuma e foglio di carta

Tu hai studiato scultura con il professor Gianni Caravaggio. Lui ha un linguaggio molto minimalista, cioè, raggiunge lo scheletro essenziale delle forme e questo aspetto ritorna molto anche nella tua poetica. Credi di essere stato influenzato direttamente da questo tipo di formazione o è un ritrovarsi coincidente?

Sicuramente Caravaggio è il maestro che mi ha plasmato e si vede la sua influenza, questo aspetto da tanti in Accademia viene visto in maniera negativa a livello di competenza. Noi, che veniamo dalla sua scuola, e lui stesso, che arriva dalla scuola di Luciano Fabbro, prendiamo quest’esperienza con forme minimali che si caratterizzano nell’essenza formale e del pensiero. Il concetto di arrivare a un livello primordiale di forme nel mio lavoro prende ispirazione a piene mani da Gianni Caravaggio, che spesso dice che l’arte è semplice. Il costruire e il sovracostruire, in questo senso, talvolta possono minare e rendere fragili le fondamenta. Tuttavia, cerco di distanziarmi, ovviamente non in modo da rinnegare la sua guida come in una sorta di parricidio, ma perché l’apporto culturale è diverso e inevitabilmente apparteniamo a due generazioni diverse.

 

Quello che ci preme è sapere più che altro, intervistando te e altri studenti, quanto è forte l’indipendenza dell’estro artistico. Perché, attraverso anche la nostra esperienza in prima persona, abbiamo notato che le classi di artisti professori sono come botteghe, quindi nel tuo lavoro quanto c’è di Gianni Caravaggio e quanto di Simone Brambilla?

Allora, io penso che siano due livelli. Di mio c’è il 100%, ma allo stesso modo in percentuale aggiuntiva e parallela c’è anche la presenza di Gianni Caravaggio, come artista e docente. Come ho già accennato prima, molte persone tra professori e studenti vedono questo modus operandi di insegnare come un copia e incolla. Non è questo il caso: se c’è una buona comunicazione, Caravaggio non si impone in modo autoritario sugli studenti e non uccide il linguaggio personale. Sta di fatto che per entrambi, me e lui, l’errore è un punto focale per capire la coscienza di essere artisti; inoltre, credo sia ovvio che un professore artista parli di se stesso ai suoi studenti, perché quello è il suo linguaggio e porta la sua esperienza identitaria. Io penso che questa sia una cosa preziosa per chi voglia essere artista davvero. Ci sono molte difficoltà, in questo mestiere, come il fatto stesso di rappresentare qualcosa uscendo dalla dimensione della mimesis reale: su una lastra di metallo battuta e accartocciata su cui la luce si infrange in modo disomogeneo, posso vedere il mare. La dimensione della rappresentazione e la creazione, quanto meno nel mio caso, non vogliono portare avanti dei discorsi tanto politici, quanto popolari.

 

Simone Brambilla,  MARE, 2023
Lastre per offset in alluminio

 

Simone Brambilla,  MARE, 2023
Lastre per offset in alluminio

 

Scontrarsi con un sistema diverso come quello di Lione, è stato un trauma o sei comunque riuscito a cavalcare l’onda?

Oh no, è stata la cura. La cura rispetto alla realtà dell’Accademia di Brera dove c’è l’imposizione dell’arte pubblica o di una forma che poi diventa inesistente. Pensa agli stessi workshop low budget perché non ci sono possibilità pratiche. A Lione invece, sei artista e vieni trattato come tale; è stato traumatico ovviamente per lo shock culturale ma per il resto non sei considerato solo nel cerchio stretto del numero di matricola. Non sei un’unità tra le migliaia, bensì sei un’unità parallela a tutte le altre tra quelle; i docenti di lì non hanno problemi a identificarmi come artista. Con il senno di poi, pensi “Forse non sono così outsider, forse il vero problema sta da un’altra parte”.

 

Al di là di ispirazioni e influenze di docenti come Caravaggio o della forma mentis di Italo Chiodi, quali sono i tuoi modelli, a cui fai riferimento?

Sicuramente, Felix Gonzales-Torres a cui ho anche dedicato il mio progetto di tesi. Lui è il mio modello per affinità umane e artistiche, o per meglio dire, io mi sento affine a lui. Gonzales-Torres incarna la figura ideale dell’artista che ho in mente e a cui voglio tendere, senza essere citazionista. Anche perché è impossibile essere citazionisti con un artista del calibro di Felix Gonzales-Torres perché è così semplice che o lo copi o impari, analizzando, smontando e riportando quello che vedi secondo una tua personale poetica. La semplicità è la cosa più difficile e complessa: vedi l’esempio del Padiglione della Spagna alla Biennale d’Arte di Venezia dell’anno scorso (2022, ndr). Il padiglione aveva un linguaggio lineare e geniale, perché avevano ruotato il padiglione di una decina di gradi, non è scontato. Sono opere fatte per quello, sconvolgere con un’osservazione minima.

S. F. C.

 

Simone Brambilla, SENZA TITOLO2023
Fotografie

 

Simone Brambilla, PICCOLA VARIAZIONE (VARIAZIONE SUPERFICIALE), 2022
Marmo Calacatta

 

Simone Brambilla, Aprire la porta, 2022

Dimensioni variabili, maniglie di porta

 

Simone Brambilla, COSTRUZIONI, TRONCHI2023
Terracotta e legno

 

Simone Brambilla, È una lastra, 2021
Marmo di Carrara, terra in polvere e fogli di carta

 

Simone Brambilla, DISEGNO IN CIELO2023
Stampe, cubetti di legno

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