I TESORI DI BRERA vol. IV

Pubblicato il 30 giugno 2023 alle ore 16:00

La rubrica vuole proporsi come una piccola guida per comprendere meglio i capolavori dell'arte, custodita in una delle istituzioni più importanti nella città di Milano, la Pinacoteca di Brera

 

La sala XXXI della Pinacoteca di Brera vista di squarcio

Photo credits: Serena Francesca Castronovo

 

Entriamo nella sala XXXI, dove l'allestimento vede la celebrazione dei maestri fiamminghi dell'arte tra il XVI e il XVII secolo, portati a Milano a seguito delle guerre napoleoniche in occasione dei primi allestimenti che la Pinacoteca ha visto susseguirsi. Quando varchiamo la soglia della sala, veniamo accolti dallo sguardo spaventato di un Giuda, nel Cenacolo o Ultima cena di Pieter Paul Rubens

Questa porzione della Pinacoteca di Brera possiamo definirla la sala dello scambio: sguardi e gesti tra i personaggi delle opere esposte creano una narrazione intima, sacra ed eroica. Inoltre, diversi quadri sono arrivati nella collezione della Pinacoteca di Brera per uno scambio con altre opere, in particolare quelle dei maestri fiamminghi che ora abitano nelle sale di Brera. Il Cenacolo di Rubens ha viaggiato per la chiesa di Saint-Rombaut a Malines nelle Fiandre, dove era originariamente, per poi essere portato via durante le campagne napoleoniche ed è stato ceduto a Brera in cambio di opere dei maestri del Rinascimento italiano. Così come il Sacrifico di Isacco di Jacob Jordaens, la Madonna con Bambino e Sant'Antonio di Padova di Antoon Van Dyck.

 

Pieter Paul Rubens, Cenacolo, 1631-1632, olio su tavola

Courtesy Pinacoteca di Brera

 

Parlando proprio dell'Ultima Cena, gli occhi impauriti e pieni di rimorso dell'Iscariota rompono la quarta parete tra opera e pubblico, come per renderci partecipi e complici del tradimento compiuto in cambio di trenta denari, come viene descritto nel vangelo di Matteo:

Giuda, il traditore, disse: “Rabbì, sono forse io?”. Gli rispose: “Tu l'hai detto”. (Matteo 26, 25)

L'ampia tavola è appesa in modo che lo sguardo di Giuda alla folla sia rivolto verso il basso, il mondo umano del peccato, a contrasto con lo sguardo di Cristo che alza gli occhi al cielo benedicendo i simboli dell'Eucarestia, il pane e il vino, prima di offrirli ai suoi discepoli.

Con gli occhi rivolti alla tavola di Rubens, sulla sinistra troviamo il Sacrifico di Isacco di Jordaens, la Madonna con Bambino e Sant'Antonio da Padova e Ritratto di Dama di Antoon Van Dyck. Anche la tela di Jordaens è un'opera viaggiatrice: erroneamente venne attribuita alla firma di Rubens e per questo acquistata dai suoi eredi e trasferita a Postdam. Sempre durante le campagne di Napoleone nella regione delle Fiandre venne requisita dall'esercito francese per essere esposta al Louvre. Scambiata per un'altra tela, arrivò a Brera dove le si attribuì la giusta paternità di Jacob Jordaens.

L’artista fiammingo ritrae il passo del libro della Genesi, in cui Dio mette alla prova il patriarca Abramo chiedendogli di offrire come olocausto il suo unico figlio maschio, Isacco, ma viene fermato in tempo da un angelo.

.Riprese: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò”. (Genesi 22, 2)'

L'angelo disse: “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio”. Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. (Genesi 22, 12-13)

 

Jacob Jordaens, Sacrificio d’Isacco, 1625-1626, olio su tela

Courtesy Pinacoteca di Brera

 

I volti dei tre personaggi ritratti da Jordaens formano un triangolo carico di emozioni contrastanti: la pace serafica dell'angelo, Abramo che si rende conto della pietà e della provvidenza di Dio, Isacco con il capo chino invece fa trasparire la sua paura e il timore di venire ucciso in sacrificio dalle mani del proprio padre. Il braccio sinistro dell'angelo ferma a mezz'aria il pugnale con cui Abramo avrebbe ucciso Isacco, mentre con il braccio destro è come se abbracciasse il figlio del patriarca per proteggerlo con la grazia di Dio, visto che l'angelo è il suo messaggero celeste.

Accanto troviamo esposta la Madonna con Bambino e Sant'Antonio di Padova di Van Dyck, anch’essa proveniente da parte della collezione fiamminga requisita dai francesi per essere esposta al Louvre e giunta a Brera nel 1813.  Sant'Antonio di Padova è in ginocchio davanti alla Madonna, a cui è devoto, che tiene in braccio Gesù Bambino. Molto spesso si raffigura il santo con in braccio un neonato, come patrono degli orfani, ma non solo per questo motivo: uno degli ultimi episodi della vita di Sant'Antonio è la visione del Bambino a Camposampiero, non tanto lontano da Padova, dove si ritira in meditazione. Qui viene trovato dal conte Tiso, mentre abbraccia Gesù Bambino che gli è apparso in preghiera.

Van Dyck ritrae il santo che si porta le mani incrociate al petto, in gesto di offerta come se cedesse il suo cuore. La manina del Bambino sfiora il volto commosso del santo, per dargli la sua benedizione. In questa sacra conversazione si crea un'atmosfera intima ed estatica, fatta di sguardi pieni di tenerezza e commozione.

S. F. C.

 

Sinistra: Antoon Van Dyck, La Madonna col bambino e Sant’Antonio da Padova, 1630-1632

Destra: Antoon Van Dyck, Ritratto di Dama, 1635, olio su tela

Courtesy Pinacoteca di Brera

 

Aggiungi commento

Commenti

Non ci sono ancora commenti.