IMMAGINI DAL SOTTOSUOLO: FRANCESCA TRINCHERO

Pubblicato il 29 giugno 2023 alle ore 11:31

Presentiamo una rubrica indipendente con l'obiettivo di dare spazio a giovani artisti e artiste della scena contemporanea fuori dagli spazi della storicizzazione. Il riferimento al romanzo di Dostoevskij serve a riportare alla luce la coscienza dell'esistenza di un mondo underground, fatto di mormorii e percezioni che passano in sordina nel contesto mainstream della società e anche nel panorama artistico.

 

Per inaugurare la nuova rubrica Immagini dal sottosuolo, vi invitiamo a scoprire insieme a noi la poetica di una giovane artista, Francesca Trinchero. Classe 2001, vive e lavora a Milano dove attualmente frequenta la scuola di Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Brera. Ci troviamo insieme nel Cortile della Magnolia, un angolo segreto dell'Accademia che sfugge all'attenzione dei turisti; è una mattina di fine giugno stranamente fresca, con sé Francesca Trinchero porta una cartelletta piena di fogli, stampe calcografiche, disegni e schizzi che sembrano mappe di un mondo di fantasia. Tra una sigaretta e l'altra, Francesca si apre con noi e alla nostra curiosità nel voler scoprire un'artista ancora in formazione.

 

Ciao Francesca, tu sei da poco qui a Brera. Cosa ti ha spinto a iscriverti in questo mondo che viene considerato una delle ultime pietre miliari dell’insegnamento delle arti?

Sì, sono al secondo anno del triennio di Pittura. Una delle cose che mi ha attirato di più era la libertà nella scelta e nella creazione del proprio percorso di studi. Nel senso che ci sono molte accademie che, come piano di studi, sono già prestabilite e si segue una strada abbastanza chiusa; invece, Brera penso che sia una delle accademie in Italia concedano un approccio più trasversale e aperto.

 

Il primo ricordo che hai legato al disegno, come te lo racconti nella tua memoria? I bambini, comunque, disegnano, scarabocchiano, schizzano reinterpretando il mondo attorno a loro.

Tra i primi ricordi, penso di avere delle reminiscenze di quando frequentavo la scuola materna e ho il ricordo vivido di un laboratorio con un approccio molto corporeo, dove semplicemente ci ricoprivamo di colore e ci facevano camminare, rotolare su fogli. Risento la sensazione bellissima del colore sotto i piedi, anche la simpatia di lasciare le impronte in giro.

 

Sinistra: Francesca Trinchero, Coperta, 2023, carboncino e matita litografica su carta

Destra: Francesca Trinchero, Coperta I, 2023,  calcografia, puntasecca e acquatinta

Courtesy Francesca Trinchero

 

Secondo te, questa fascinazione per la sensazione della materia e del colore ritorna nel tuo lavoro, nella tua poetica di artista già cresciuta che sta ricercando comunque una sua espressività indipendente?

Sì, ma soprattutto lo scorso anno. Ho affrontato il lavoro e la ricerca con una carica dirompente e direi anche prepotente, cercando il contatto con qualcosa di fisico in cui poter affondare le mani. La materia era per me uno specchio, qualcosa di carnale. Adesso mi sono allontanata da questa idea di lavoro propriamente materico, ma continuo comunque a subire una fascinazione per i materiali, per il corpo delle cose. C’è questa volontà di ritorno al corpo, anche se i miei lavori non sono così materici.

 

In un certo senso, ti stai accorgendo di vivere una sorta di sublimazione ascendente che dalla materia fisica passa ad un concetto di materia più spirituale?

In un certo senso, sì e no allo stesso tempo. Nel lavoro di fatto, questo passaggio poi c’è, ma è come se fosse una sorta di filtro. Nel senso che, quando lavoro guardando a certi oggetti, ambienti e situazioni, cerco di guardarli il più possibile con un occhio pragmatico, legato al reale. La fisicità delle cose mi dà un senso di forza. Poi, sicuramente, quando guardo all’oggetto vedo un’ampia gamma di possibilità di esistenza insite nell’oggetto ed è quello che io vado a trascrivere e rappresentare nel mio lavoro.

Di solito, quando si è così giovani nel mondo dell’accademia, si cerca di avere dei maestri, delle figure di riferimento al di là dei docenti. Anche per cercare una comunicazione con artisti del passato, già storicizzati e ci rischia di fossilizzarsi troppo nella poetica di qualcun altro. Ti senti di stare correndo questo rischio?

Sinceramente no, indubbiamente anche io tengo a mente dei riferimenti, in particolare in questo periodo sto riscoprendo artisti legati al periodo di transizione tra il Rinascimento e il Barocco. Ma per quanto guardi il lavoro di artisti anche più contemporanei, non ne subisco l’influenza e cerco sempre di rimanere fedele a quello che io voglio dire attraverso la mia espressione creativa. Ci sono dei momenti in cui mi rendo conto di stare pensando al lavoro in un certo modo e di conseguenza, prendo coscienza delle influenze esterne, ma cerco di staccarmene

 

Uno dei problemi principale di un giovane artista, soprattutto nel terzo Millennio, è quello di essere originale. Come vivi questa idea dell’originalità?

Nella mia opinione, originale non vuol dire necessariamente qualcosa che non si è mai visto. Io cerco di vivere la libertà di riuscire a dare corpo e concretizzare quello che è il mio immaginario. Lavoro molto anche pera associazioni, quindi cerco dei collegamenti inediti, ma non mi pongo tanto il problema dell’originalità in questa fase della mia crescita artistica. Anche se qualcun altro prima di me ci è già passato, per me è importante che sia io a riscoprire e vivere questa concretizzazione del linguaggio

(L’artista mostra delle stampe, tra cui Coperta)

Questo lavoro nasce da un disegno, a carboncino e matita litografica, che sarebbe uno schizzo che raffigura una coperta abbandonata per la strada. A tal proposito, diciamo che una delle linee comuni nel mio lavoro è la curiosità per oggetti randomici del panorama urbano.

 

Sinistra: Francesca Trinchero, Tettoia, 2023, carboncino, matita litografica, gessetti e olio su carta

Destra: Francesca Trinchero, Tettoia I, 2023, grafite, carboncino e gessetti su carta

Courtesy Francesca Trinchero

 

Torniamo al disegno della coperta. I materiali che hai usato, carboncino e matita litografica, lasciano un segno molto grasso, si sfuma e si sbava facilmente. Per te, il tentativo di riprodurre questa grossolanità anche nelle stampe calcografiche è stata una grande sfida.

Si, infatti le stampe non le considero propriamente complete. Ho provato a intervenire con la punta secca per riuscire a ottenere un segno più schizofrenico, ma rimane molto complicato e vorrei ritentare a ottenere un nero saturo con la stampa.

(l’artista mostra altre stampe)

Queste non hanno una genesi legata a uno schizzo originale su carta; c’è da dire che io lavoro molto sulla lastra e ci ritorno spesso, è un ciclo continuo di modifiche continue e stratificazione di segni.

 

Il materiale è importante per te, il fatto che questo disegno sia su una carta da pacco non è casuale?

Questo, per esempio, è un disegno sui cordoni dei cantieri che chiudono la strada. Quello che mi interessa di questa carta e che sto ricercando per il lavoro, è il fatto che questa carta presenta già delle pieghe. Quindi inglobo come linee guida la struttura del supporto. La texture rigorosa mi riporta a un senso di razionalità degli edifici del paesaggio urbano, geometrico e ordinata. L'influenza della metropoli è un topos che ritorna spesso, infatti ho anche dei lavori che mi erano stati ispirati all’archeologia urbana del mio quartiere, Bisceglie.

 

Sinistra: Francesca Trinchero, Cascina, 2023, grafite, carboncino e olio su carta

Destra: Francesca Trinchero, Cascina I, 2023, grafite su carta

Courtesy Francesca Trinchero

 

Hai definito il segno schizofrenico, mi piace questo aggettivo. Guardando i tuoi disegni avrei usato il termine infantile, proprio per sottolineare una purezza del tratto. Ma la parola schizofrenico dà l’idea di un segno che è alla costante ricerca di una libertà, diversa da quello del bambino che è libero di vivere a modo suo il mondo circostante.

Sì, quest’anno mi sono molto concentrata sulla ricerca del segno, su come mi parla attraverso il materiale e i vari supporti. Nei miei lavori più recenti, la schizofrenia del tratto è molto più debole, anche per l’influenza della struttura rigorosa di un supporto cartaceo che presenta già linee e una traccia geometrica razionale. Come ho già accennato prima, nell’impostazione e nell’organizzazione del lavoro mi lascio ispirare abbastanza da ciò che il supporto mi sta dicendo. È come se ascoltassi il medium, non è un’impostazione da parte mia della narrazione che ho in mente io.

S. F. C.

 

Sinistra: Francesca Trinchero, Lavori in strada, 2023, grafite, acrilico e gessetti su carta da pacco

Destra: Francesca Trinchero, Lavori in strada I, 2023, grafite, fusaggine, matita litografica, acrilico e gesso acrilico su carta da spolvero

Centro: Francesca Trinchero, Lavori in strada II, 2023, grafite, fusaggine, acrilico e gesso acrilico su foglio da spolvero

Courtesy Francesca Trinchero

 

Francesca Trinchero, Spazio, 2022, acquaforte

Courtesy Francesca Trinchero

 

Francesca Trinchero, Ponte, 2023, grafite, carboncino, matita litografica e olio su carta

Courtesy Francesca Trinchero

 

Francesca Trinchero, Tenax, 2023, grafite, carboncino, gessetti e olio su carta

Courtesy Francesca Trinchero

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