La rubrica vuole proporsi come una piccola guida per comprendere meglio i capolavori dell'arte, custodita in una delle istituzioni più importanti nella città di Milano, la Pinacoteca di Brera
Oggi vi presentiamo un altro artista che fa parte della ricchissima collezione della Pinacoteca di Brera: Carlo Crivelli, artista di formazione padovana attivo sulla costa adriatica tra le Marche e la laguna veneta. Questo poeta dell'immagine pittorica, a molti sconosciuto, è considerato il padre spirituale del Rinascimento marchigiano perché è riuscito a trovare un punto di raccordo tra il gusto gotico apprezzato dalle signorie di Ascoli e la maniera padovana della scuola di Donatello. Nella cerchia degli artisti marchigiani, lo stesso Crivelli ha raffinato il suo linguaggio pittorico e l’opera che fa da manifesto alla maturità artistica del Crivelli è la Madonna della Candeletta, pannello centrale del Polittico di Camerino per l’omonimo duomo e ora conservato nella sala XXII della Pinacoteca di Brera.
La Madonna della candeletta riassume alla perfezione la poetica pittorica del Crivelli, a metà strada tra la scuola padovana e quella marchigiana: con il virtuosismo rinascimentale dell’armonia padovana, compiace il gusto tardogotico della committenza, con particolare attenzione alla luce e gli ori, ai dettagli della raffinatezza dei tessuti indossati dai personaggi. Prendiamo ad esempio il motivo decorativo nell’abito di Maria Vergine e nel tappeto ai suoi piedi, l’horror vacui del dettaglio fa sì che gli spazi siano traboccanti di elementi decorativi e riempitivi.
La prospettiva gioca un ruolo importante: in questo caso è tutta ribaltata in avanti, il punto di fuga crea un’atmosfera di vertigine agli occhi dello spettatore che vede avanzare illusionisticamente la figura della Madonna in trono con il Bambino e lo spazio attorno a sé. Di probabile ispirazione fiamminga, quello che ne risulta è una resa spaziale irreale e non misurabile. Maria Vergine con il Bambino sono i protagonisti della scena, la madre è seduta in trono e tra le mani tiene una pera porgendola al figlio, frutto che viene ripreso nel motivo decorativo nella volta attorno al trono. In questo caso la pera è un richiamo alla figura di Eva, descritta nella Genesi. La pera viene associata ad Eva per via della sua forma triangolare, con la base più larga e curva rispetto alla punta e per questo ricorda il bacino femminile, volto al sostegno del grembo materno durante la gestazione.
Carlo Crivelli, Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo, Ansovino e Gerolamo (Madonna della Candeletta), 1488-1490, olio su tavola
Courtesy Pinacoteca di Brera
E come la Genesi insegna, Adamo ed Eva sono i genitori primordiali: Eva è la prima madre che viene punita da Dio con la sentenza “partorirai con dolore” e lei coltiva l’esperienza della maternità fuori dalla purezza dell’Eden, mettendo al mondo uomini e donne già macchiati dal peccato originale. Nel 1290, il poeta Hugo von Trimberg descrive quest’allegoria per cui i frutti quando sono maturi cadono dal ramo dell’albero tra le spine, ma anche nell'acqua e nel verde prato: l’albero di pero quindi è Eva, la madre originaria mentre i frutti sarebbero invece gli uomini, che da lei discendono e chi non si lascia cadere nel verde prato del pentimento, perisce nel peccato. In questo caso il verde è il colore della speranza della salvezza dell’anima grazie alla confessione dei peccati.
Il fatto che vengano associate insieme Eva e Maria in realtà indica il fatto che quest’ultima è la nuova Eva, appellata così perché rappresenta la figura materna che, invece di fare esperienza del parto con dolore nel mondo del peccato, porta nell’esperienza della gravidanza il messaggio della venuta al mondo del Messia. La nascita di Gesù e la sua Immacolata Concezione sono stati eventi puri, sciolti dal peccato originale poiché concepiti dall’unione dello Spirito Santo e il grembo puro di Maria Vergine
Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. (Luca, 1, 28)
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele. (Matteo 1, 23)
Nel Protovangelo della Salvezza (Genesi 3, 14) si parla appunto di Maria come la discendente pura di Eva, sua prefigurazione:
Allora il Signore Dio disse al serpente: "Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”.
Ai piedi del trono su cui siede la Madonna c’è un vaso raffinatamente decorato con motivi naturalistici e floreali dorati, con all’interno un mazzo di gigli, i fiori sacri alla Madonna per eccellenza perché incarnano lo spirito della purezza e della nobiltà. In diverse rappresentazioni dell’episodio dell’Annunciazione, l’arcangelo Gabriele che porta a Maria il messaggio dell’Immacolata Concezione in mano tiene un fiore di giglio, per sottolineare appunto la purezza verginale di Maria che ha messo al mondo un figlio “concepito per opera dello Spirito Santo”.
Tutta l’interpretazione dell’opera della Madonna della Candeletta gira attorno al concetto della purezza e la purificazione. Non ultimo a suggerisci ciò tra i simboli c’è proprio la candela da cui prende il titolo il pannello, posta sulla sinistra del quadro nel registro più basso, tanto da sfuggire all’attenzione dei più.
Carlo Crivelli, Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo, Ansovino e Gerolamo (Madonna della Candeletta), 1488-1490, olio su tavola
Pannello centrale
Courtesy Pinacoteca di Brera
Simbolo di purificazione e potere spirituale, sin dai tempi più antichi quando parliamo ancora di riti pagani: il fuoco sacro alla dea Vesta nella Roma Antica che proteggeva la città e l’impero, tant’è vero che leggenda vuole che allo spegnersi della fiamma sacra, innumerevoli disgrazie si sarebbero abbattute su Roma e il resto dell’Impero, metà del mondo conosciuto. Oppure nella mitologia greca antica, la dea Demetra rende immortale l’eroe Demofonte grazie al fuoco.
Nella simbologia cristiana, il fuoco dello Spirito Santo è legato all’episodio della Pentecoste, in cui apparve sottoforma di lingue di fuoco sui capi di Maria e gli Apostoli nel cinquantesimo giorno dopo la Pasqua. Oltre alla Pentecoste descritta nel Nuovo Testamento, il fuoco è un elemento purificatore che torna anche nel Purgatorio, a differenza dell’Inferno dove invece rappresenta la tortura e il tormento delle anime dei dannati, come descritto da San Tommaso nel Supplemento alla Somma teologica (Appendice I, 3).
Oltre al fascino dei simboli e dell’iconologia di quest’olio su tavola del Crivelli, colpisce anche la precisione certosina della mano dell’artista nel creare un’immagine precisa e suggestiva: il mantello blu di Maria, colore di purezza verginale, è decorato da un raffinato ricamo d’oro richiamante i fiori di giglio nel vaso ai piedi della Madonna e il Crivelli non pecca di avarizia nel mostrarci il suo talento. Si vedono le trame del filo d’oro intrecciate al tessuto morbido del manto mariano, così come anche le venature e le striature calde del marmo che fa da basamento al trono e i gioielli che decorano il capo e il petto di Maria Vergine.
S. F. C.
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