Presentiamo alle nostre lettrici e ai nostri lettori una nuova rubrica dal titolo "RACCONTI DA UN'ESPOSIZIONE", curata dalla nuova editor di Studio Limoni, Augusta de Cesari. In questa nuova serie vi presentiamo dei racconti brevi, scritti prendendo ispirazione da alcune delle opere d'arte più famose e note, andando al di là del concetto di storia dell'arte per costruire un'arte di storie.
Caro ragazzo del treno,
Dove sei ora? È strano mettere piede su quel vagone senza trovare il tuo viso famigliare disperso nel vuoto.
Ricordo ancora la prima volta che ti vidi, in un freddo mattino di dicembre. Il cielo del mattino era ancora puntellato di stelle pallide, così timide da brillare come se si stessero spegnendo.
Mi sembrava di iniziare un'altra giornata all'ordine della noiosa quotidianità, un puntino insignificante disperso nel cuore cannibale della città dei consumi, così grigia, così fredda. Ho fatto il mio solito ingresso nel solito vagone per sedermi al solito posto ed eccoti lì.
Non ti avevo mai visto prima, eri quella ventata di fresca novità che ha spazzato via la noia afosa di un treno sempre troppo affollato. I volti noti sono sbiaditi nel momento in cui i miei occhi hanno incrociato i tuoi. Cosa mi ha colpito, ancora non so ben dirlo con assoluta certezza.
Forse il tuo volto giovane e luminoso, in forte contrasto con le nostre facce stravolte dalla levataccia mattutina di noi pendolari. Siamo una razza bruta, rugosi e corrucciati come cortecce d'alberi secolari, ma non è la saggezza a scavare le nostre guance.
Tu eri un fiore, anzi no, eri una gemma che ancora doveva sbocciare e la rugiada che bagnava i tuoi petali erano le lacrime che a malapena cercavi di trattenere. Un pianto silenzioso, chi ti aveva spezzato il cuore, caro amico senza nome?
Da quel giorno, tu sei diventato il mio finestrino sul mondo che scorre fuori dal treno. Eri sempre seduto al posto del primo giorno che ti ho notato. Ricordo bene i tuoi sussulti sorpresi, eccitato come un bambino, quando il nostro treno ne incrociava un altro che andava nella direzione opposta. Guardavi il paesaggio cambiare con lo scorrere delle stagioni, io guardavo quel riflesso nei tuoi occhioni acquosi.
Ora dove sei, sono settimane che non ti vedo più. Spero che tu abbia smesso di piangere e che il tuo cuoricino abbia smesso di spezzarsi per chi non è in grado di maneggiarlo con cura.
Per quel poco che è stato, sono felice di aver avuto un compagno di viaggio come te, anche se il tuo nome mi sarà per sempre sconosciuto.
FINE
Augusta de Cesari
Jack Butler Yeats, Man in a train thinking, olio su tela, 1927-1928
Source: Irish Arts Review
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