RACCONTI DA UN'ESPOSIZIONE: PER OTTANTA CENTESIMI!

Pubblicato il 25 settembre 2024 alle ore 11:00

Ripresentiamo alle nostre lettrici e ai nostri lettori una nuova forma della rubrica iniziata l'anno scorso intitolata "RACCONTI DA UN'ESPOSIZIONE", a cura della editor di Studio Limoni, Augusta de Cesari.  In questa serie vi presentiamo dei racconti brevi, scritti prendendo ispirazione da alcune delle opere d'arte più famose e note, andando al di là del concetto di storia dell'arte per costruire un'arte di storie. 

 

Angelo Morbelli, Per ottanta centesimi!, 1895-1897, olio su tela. Museo Borgogna, Vercelli

 

"...e chi sa far l'amore
saran le Cremaschine, lelà,
e le Piemontese e le Piemontese, lelà,
e chi sa far l'amore,
saran le Cremaschine. lelà,
e le Piemontese, l'amor non la san far!..."

 

Le voci delle compagne di Mariella echeggiavano per la campagna, mentre marciavano tutte in gruppo verso un'altra stremante giornata di lavoro a capo chino. La mattina cominciava e sulla pianura padana si stendeva un leggero velo di nebbia, che avvolgeva le distese d'acqua delle risaie. 

-Mariella, ven giou! Ti stai rizzà i cavì?-

La Nadja la chiamava a gran voce, lei era la più anziana del gruppo delle mondine e si vedeva molto bene sulle guance e attorno agli occhi: -Eh Mariella, ti te set ancora una ragazzina, ma vedi come te serà rapà un giorno.-

-Mi no, mi vojo andà a spusa a un giovinotto de Milan e far la bella vita come una sciura.-

-Oi popola, se ti bofà inscì, te ga truvà solo un bardazza.-

Le prese in giro delle vecchie del gruppo erano buoni consigli, ma cosa ci può fare una ragazzina di quattordici anni? La nonna di Pavia, la sciura Mondello, l'aveva raccomandata al caporale, tale sciur Bizzozzero, per farle fare un po' esperienza del mondo vero e per farle mettere da parte qualche soldo per la dote. Ormai la Mariella era rimasta orfana di ambo i genitori e la nonna non riusciva a starle dietro come un tempo, adesso che la nipote era quasi una donna adulta. La sicura Mondello fino a pochi anni fa l'accompagnava ancora in chiesa tenendola per la manina, vestita a festa con l'abito buono della domenica e già allora facevano i complimenti alla piccola Mariella.

-Sciura Mondello, sua nipote l'è propj una bela bimba, vede che tra poco ci saranno tanti giovinotti a farle la corte.-

Vero, la Mariella sbocciava come un fiore e le antenne dei baldi giovini del Pavese si rizzavano sull'attenti: iniziarono a ronzarle attorno, non tanto come api, ma come mosche e all'inizio cercava di declinare garbatamente i loro inviti e tutte le moine da Don Giovanni. Ma la pazienza non era certo una virtù della fanciulletta, quindi aveva preso a scacciarli in malo modo.

-Mariella, stasera si va a far l'amore al casolare del Barnabei?

-No, io non vengo! Vai a far l'amore con la sua vacca!

-Puttana, ciapa su la palanda e turna a cà!

Ogni volta che la nonna ne sentiva una, per Mariella erano sempre schiaffi in faccia e vergate sul sedere: non è così che si comporta una ragazza posata e morigerata, se voleva fare la puttana doveva andarsene di casa, senza il becco di un quattrino. Così la sciura Mondello la mandò a lavorare nelle risaie durante l'estate, sperando che la nipote imparasse la disciplina, ogni sera pregava e snocciolava rosari su rosari implorando la Madonna di riportarle a casa una Mariella più timorata. Aveva scritto una lettera a una cara amica, che anche lei mondava il riso, per chiederle di educare Mariella e ospitarla nella sua casa per il periodo della monda e Mariella in quattro e quattr'otto si trovò a casa dei coniugi Giraudo. Niente meno che caporale lui e mondina ritirata lei. 

Preghiere assai vane, quelle della nonna. Le compagne di lavoro della Mariella non erano certo delle suore e non si vergognavano per nulla. Ogni mattina la Nadja faceva rapporto alle compagne su come aveva passato la notte con il marito Alberto: quando era lei a guidare i canti durante la monda vuol dire che è andato tutto bene: -Stanotte, mi e l'Alberto avemo fatto balà li rat nel plafon!-

-Basta parlare! Siete qui per lavorare!-

Il caporale Giraudo non tollerava quando le donne sotto di lui cercavano di ammazzare il tempo divertendosi mentre lavoravano a capo chino, nella stessa posizione per dieci ore al giorno. Ogni tanto passeggiava tra le file e si appoggiava al bastone mentre guardava molto attentamente il fondoschiena della cristiana che gli stava davanti; a volte non riusciva a tenere le mani in tasca. 

La Nadja lo stuzzicava sempre, lo prendeva in giro e gli diceva:-Oh, sciur padrun! Se mi tocchi voglio l'aumento.- E il Giraudo rideva sotto i baffi, credendo che dicesse così tanto per scherzare. Però la Nadja l'aumento lo voleva davvero, lo volevano tutte.

 

"Sciur padrun da li béli braghi bianchi
fora li palanchi fora li palanchi
sciur padrun da li béli braghi bianchi
fora li palanchi ch'anduma a cà!"

 

Per Mariella i soldi guadagnati con il lavoro della monda sembravano una miniera d'oro, ma cosa ne può sapere una ragazzina di quattordici anni? 

Man mano che i giorni passavano, il lavoro si faceva tanto monotono quanto alienante. Dall'alba al tramonto, immerse fino alle ginocchia nell'acqua stagnante, con la schiena piegata tutte ingobbite. Eppure, tante di quelle donne, seppur così umili e spesso oppresse dal caporale o dall'uomo di casa, tenevano una forza infuocata nel cuore e si tenevano strette come una grande famiglia. Mentre le mani si muovevano veloci e  precise a togliere le erbacce, le loro bocche continuavano a raccontare storie, cantare insieme e condividere sogni e speranze.

Un giorno, mentre le donne lavoravano sotto il sole cocente, arrivò la notizia di un aumento della giornata lavorativa senza alcun incremento del già misero salario. La notizia si diffuse velocemente tra le mondine, e l'aria di quel caldo pomeriggio cominciò a farsi pesante non solo per l'afa, ma per la rabbia che cresceva tra loro.

-Non possiamo accettare questo, non possiamo piegarci sempre!- disse la Nadja, alzando la testa per la prima volta in quella giornata. Il sudore le colava sulla fronte, ma nei suoi occhi brillava una determinazione nuova. Era anziana, certo, ma stava ribellandosi come una ragazzina che vuole cambiare il mondo e le sue parole colpirono nel cuore tutte le compagne. Le mondine iniziarono a mormorare, e pian piano quei mormorii si trasformarono in un grido unanime.

Decisero di fermarsi, di scioperare. Era un atto di ribellione che non avevano mai osato compiere prima, ma che sentivano necessario. Il caporale, nella sua stazza di uomo grassoccio e arrogante arrivò presto, urlando e minacciando. -Tornate a lavorare, o sarete tutte sostituite!-, gridava.

Ma le mondine non si mossero. Rimasero ferme, fiere, a braccia conserte. La Nadja si fece avanti e rispose con voce ferma: -Non torneremo finché non ci darete ciò che è giusto. Il nostro lavoro vale, e non possiamo più accettare di essere trattate come bestie.-

-Altrimenti, cosa farete, sentiamo?-

-Altrimenti scioperiamo!-

Un grido di rivolta, quello della Nadja e delle compagne che si misero a incitare tutte assieme, aggressive come leonesse: -SCIOPERO! SCIOPERO! SCIOPERO! SCIOPERO!-

Quel bastardo del Giraudo le guardava con compassione, pensava che tanto non avrebbero mai avuto il coraggio di non presentarsi al lavoro. E invece dovette ricredersi e rimase stupefatto da tanta audacia: per una settimana intera, le mondine si erano assentate in nome dello sciopero e di un trattamento più umano sul lavoro. Non aveva mai visto delle donne così unite e determinate, abituato a trattarle come semplici braccia. La sua ira era evidente, ma sapeva che senza di loro, il raccolto sarebbe andato perduto. In fretta e furia, cercò di sostituirle, ma la voce dello sciopero si era sparsa a macchia d'olio e nessuna donna voleva andare a lavorare in risaia. Dovette cedere. L'accordo venne raggiunto: un aumento, seppur minimo, ma un segnale di rispetto.

La Nadja aveva vinto, avevano vinto tutte la prima battaglia. Un giorno prese per mano la Mariella e le disse:-Figliola, mi son vegia e i miei figli sono andati tutti al Creatore con la guerra. Sento che tra non molto anche io arriverò alla fine e non voglio morire lavorando e lottando, lottando e lavorando. Promettimi che non ti arrenderai mai al volere di un uomo che ti sfrutta, promettimi che vorrai giustizia. Me racumandi, non farti mettere i piedi in testa.-

 

"Ma verrà un giorno che tutte quante
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
ma verrà un giorno che tutte quante
lavoreremo in libertà!"

 

Augusta De Cesari

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